domenica 9 agosto 2015

l'uomo perso

Mi fronteggiano sfidanti e decisi, aspettano. E' un problema perché non vedo la provocazione e sono donna, spezzo la catena solidale. Unica al tavolo con quattro uomini, mediamente grandi ma non finiti, apprendo della teoria dell'uomo zerbino, colui che non sa dirle di no. E sorrido.

Sono minuti di grandi pacche sulle spalle e intese maschie, li osservo e penso che alla fine non siamo così distanti come spesso ci piace credere e talvolta sperare. L'uomo soffre per amore, dopo. Per essere stato debole, per essere stato vulnerabile e giura che mai più si ripeterà e così passa il resto della vita ad applicare l'insindacabile strategia, di chi ci è già passato, a suo dire indissolubile e vincente, fatta di pochi e solidi princìpi chiave: non chiedere e rispondere di no a qualunque altra donna e a prescindere, al massimo in alcuni casi, più fortunati ma di profonda turba psicofisica, concedere un forse.

Noi la sfanghiamo con lunghe, lunghissime sessioni di tutto e niente, per alzata di mano li condanniamo poi li assolviamo, poi li ricondanniamo e così fino alla completa assoluzione loro e nostra. Non accadrà più, almeno fino alla volta successiva. Ecco questa forse è la Vera diversità, la consapevolezza che succederà ancora.

Traballare, incespicare, cadere e rialzarsi. C'est (la) vie!






All'uomo che pungola dicendo che mi diletto a scrivere per i non vedenti rispondo altrettanto divertita che capita più facilmente si tratti di non udenti. E pareggio.